Teramano di adozione, da un lungo tratto di tempo si confronta con i temi della ritrattistica: è passato
dalla galleria di ritratti a monocromo di personaggi noti al pubblico, alla fase di ritratti metafisici,
che costituiscono la serie di: “le Monadi”, “Luci Metafisiche”, “Atmosfere Silenti”, e “Novilara”.
Pittore dal segno grafico inciso e sicuro, si avvale di tecniche miste, come l’acrilico ritoccato ad olio
su tela che conferisce maggiore plasticità ai suoi modelli. I suoi ritratti sono purissime lezioni di
concertazione pausata e assorta, a volte silente, che riporta alla purezza formale quattrocentesca:
composizioni calibrate, prospetticamente studiate, a volte emblematiche, e proprio per questo accompagnate
da scritte. La titolazione delle sue opere è come un racconto per versi, che conferisce ritmo e senso all’immagine.
(Prof. Raffaella Morselli, Storico dell’Arte. Ideatrice e curatrice della grande mostra dei Gonzaga a Mantova e
di molteplici eventi artistici internazionali)
La pittura di Carmine Castaldo, calda e avvolgente, di raffinata e sensuale dolcezza, dai suoi primordi
paesaggistici, ai curatissimi ritratti, al ciclo delle “Monadi” a quello attuale di “Novilara”, appare via
scandita dall’attenzione per una diversa faccia della realtà, che in sostanza è quella intima della psiche
o quella recondita della memoria, personale, ma più spesso collettiva, storica o motivatamente preistorica,
che l’Artista cerca di penetrare con una tecnica che si fa assorto pensiero.
Ma la realtà resta enigmatica, come enigmatiche sono le figure, per lo più femminili, che la percorrono
(significativa costante è la maschera, segnale di un gioco infinito nel tempo) : un enigma che però non è
disperante, ma è la chiave di volta di una tensione che porta sempre nuove fondanti speranze.
(Prof. Valerio Casadio Storico e Critico d’Arte, Archeologo, Docente di Letteratura Greca Antica
all’Università di Roma)
Un felice esperimento di rappresentazione pittorica del pensiero. Lo sforzo di Castaldo è proprio quello
di stabilire una connessione tra immagine e filosofia, tra bellezza e sacralità, tra il buio e la luce.
Nella sua poetica entrano in gioco simboli (maschere), scacchi e luoghi del sacro sempre però correlati
all'immagine femminile come dimostrazione di un possibile dominio del femminino che dovrebbe oltrepassare
la concezione nietzscheana. La ricerca, condotta peraltro con grande sicurezza tecnica sottolineata da un
ductus pittorico notevole, muove dalla tesi, in parte già dimostrata dalle sue opere, che l'arte è
rappresentazione dell'irrappresentabile o meglio la dimostrazione della riducibilità del pensiero ad una
metarealtà.
In tale direzione l'opera di Carmine Castaldo si differenzia da altre esperienze stilistiche
coeve proprio perché le citazioni inserite nei suoi quadri hanno un preciso significato che rimanda
all'humanitas a quella dimensione ove vige il primato dell'essere che paradossalmente si afferma o riafferma
proprio accettando lo scacco ontologico della morte ed in questo senso vanno appunto interpretate le pedine
del gioco che ricorrono in diverse opere dell'artista.
Per quanto poi attiene il suo linguaggio è proprio nella consapevolezza umanistica che va rintracciata la
sua origine, vale a dire in una koiné frutto di una lenta metabolizzazione dei modelli quattrocenteschi
toscani filtrati dalle riletture preraffaellite fino agli esiti di un Bocklin.
L'ostentazione infine della foggia dei capelli è un chiaro riferimento alla statuaria greca, ma anche ai
disegni di Flexman.
Credo che l'opera di questo giovane artista sia da connotare come filosofica: la rappresentazione della
bellezza è sì quella platonica ma Castaldo la intende già pervenuta nel reale creando così uno stereotipo
che non risiede più nell'iperuranio bensì tra noi. E' un bello che muove alla ricerca di un'armonia intesa
come ritrovato rapporto tra donna e polis, donna e universo, un una parola: la riproposizione dell'età
dell'oro dell'uomo greco.
(Prof. Francesco Tentarelli, Storico e Critico d'Arte - Giulianova).
"Le suggestioni trasmesse dalla pittura di Carmine Castaldo fanno sentire una nuova speranza di salvezza.
Un’arte che sta in una nuova linea filosoficapittorica ispiratasi all’arte preraffaellitica in linea diretta
con i nazareni.
Il nostro artista entra in una lenta mania espressiva di grandi strati nebulosi mistici, sensuali, senza
voler trarre una parentesi oggettiva alla misticità. Gli strumenti che echeggiano nella pittura di Castaldo
sono i suoni delle trombe degli angeli e dei dissotterrati oboi; canti di vergini pensierose, vogliose, e
inebrianti di sacralità".
(Maestro Spartaco Di Marco, Storico dell'Arte - Roma).
CARMINE CASTALDO, IL PITTORE DELLE MUSE
Difficilmente accade di restare tanto affascinati di fronte al lavoro di un pittore contemporaneo. E' come
un amore a prima vista. Nei quadri di Carmine Castaldo, che ho ammirato nella sua più recente collettiva,
tenutasi nella stupenda cornice della fortezza di Civitella del Tronto, si resta catturati prima ancora di
rendersene conto, dall'immagine e soprattutto dallo sguardo dolce, sebbene enigmatico e magnetico, di una
bellissima donna, a volte diafana e a volte più reale, che ti prende per mano e ti conduce attraverso i
percorsi della sua memoria che d'incanto diviene la tua memoria perchè ritrovi in essa luoghi ed immagini
familiari come antiche basiliche, chiese romaniche o gotiche, o squarci di panorami italici, che da sempre
hai visto sui libri, nel cinema, in televisione o che riconosci per averli visitati di persona durante i
tanti viaggi che la vita ci propone durante le sue varie stagioni.
Ma la musa-guida ora cambia aspetto ed abbassa gli occhi che finora teneva spalancati su di te e si gira.
Non sembra più lei. Adesso è triste e pensosa. Alla sua destra appare un antico portaritratti che incornicia
un'altra donna giovane, dolcissima, di altri tempi. Al di sotto del portaritratti c'è un vecchio libro. E'
chiuso perché quella è una storia finita ma se è lì lo è perchè deve essere consegnato ai posteri, forse
per la sua conoscenza di qualcosa che oltrepassa la vita stessa, un messaggio per farci comprendere come
tutto passi, anche la più incredibile bellezza e che la nostra vita è finalizzata alla realizzazione di un
progetto di una vita dove la bellezza, quella dell'anima, libera da ogni negatività terrena, no sfiorirà
mai. Mentre questi pensieri ancora vagano per la tua mente, ecco che la musa (ma sarà sempre la stessa?) apre
di nuovo i suoi meravigliosi occhi e ti guarda, ti fissa e sembra che stia lì lì per parlare. La sua
bellezza è un perfetto equilibrio di spiritualità e femminilità e mentre la guardi continua a condurti
lungo i sentieri misteriosi della memoria e dello spirito.
(Maestro Carlo Forti, Musicista napoletano, amico dei grandi artisti partenopei P. Di Capri e R. Murolo -
Napoli).
Carmine Castaldo, artista "maturo" nel percorso pittorico, conserva nelle sue opere tutta la freschezza
magica e l'entusiasmo di sempre.
Le "monadi" che hanno segnato profondamente le tappe principali della sua evoluzione artistica si sono
ulteriormente arricchite grazie ad una serie di immagini evocative che segnano i percorsi della mente
dell'autore ma soprattutto del suo cuore.
La nuova luce delle ultime monadi caratterizza ancor più quella sovrapposizione di emozioni tra il reale
e l'immaginifico ed evidenzia la profonda ricchezza emozionale e la maturazione artistica del nostro
autore.
(Prof. Paola Ciunci Zollo, Umanista - Teramo).
Carmine,
come "alcuni" artisti, la tua inquietudine è espressa con una dolorosa dolcezza, la tua ricerca della verità,
dell'ignoto, del sublime, dà l'espressione ai volti delle tue donne che appaiono sognanti, sensuali e
malinconiche; quella malinconia che non è tristezza, essa appartinene al profondo; malinconia di qualcosa
a te sconosciuto: un desiderio mai appagato, una mano che non hai mai accarezzato ... malinconia forse ...
di altre vite.
Il tuo è il desiderio forte di pace interiore (intesa come equilibrio), desiderio di scoprire l'animo
per esaltare la forza dell'universo che è in te, che è in noi.
Ho conosciuto te, ti ho guardato attraverso i colori e le linee: hai capacità di spiritualizzare tutto
ciò che fai, sei pieno di passione e quando ti accendi, il corpo, con l'anima tua, si fonde e il tuo
fare diviene grazia creativa. Con affetto, Ladì.
(Laura Del Paggio, Pittrice - Teramo).
Carmine Castaldo
Momento di personale verifica dell'esperienza del vivere, sospensione della quotidianità distratta, magica
ripresa del supplemento dell'anima, la pittura di Carmine Castaldo apre a forme di una figuralità raccolta,
intima e insieme accogliente.
L'intero percorso artistico, con la pluralità apparentemente disparata degli interessi e degli influssi
- dal paesaggio impressionista alla ritrattistica, alla decisiva curvatura simbolista e metafisica - si
dipana sul filo di una incoercibile domanda di senso. L'orizzonte umano rappresenta pertanto l'elettivo
terreno di scavo, sia ideativo che espressivo e linguistico.
Il viaggio nel teatro umano muove da uno studio di caratteri: ora irrigiditi e come reificati nei classici
personaggi della commedia dell'arte, riscattati appena in umanità dall'ambigua dialettica di masciera e
volto, ora invece drammaticamente sorpresi nel contrasto cromatico in una zona di indefinibile verità, nei
ritratti.
Da queste prime prove emerge la passione di Castaldo per il singolo: non l'astratta "società" bensì il
singolo è l'enigma, il vero problema (ne è paradossale conferma anche l'unico affresco corale, i cui flussi
compositivi convergono su un fuoco rappresentato da un bambino). Un orientamento le cui remote,
selettivamente parziali assonanze agostiniane e leibniziane si chiariranno nel tempo fino a farsi esplicite
nell'attuale ciclo tematico centrato attorno al soggetto-monade.
Nella elaborazione di tale soggetto affiora, questa volta in originalità anche formale, la cifra pittorica
esistenzialista, preannunciata nelle precedenti ricerche.
Figurazione soprattutto mentale, prodotto di elaborazione interiore e di meditata costruzione tecnica, la
recente pittura di Castaldo si pone di fronte al fruitore come un testo da decifrare e da interpretare. Il codice
si avvale di pochi, ricorrenti unità significanti, primo fra tutti la figura femminile, autentico nucleo
energetico dai cui interni dinamismi figurali e cromatici si genera il complessivo campo del quadro. L'altro
elemento è il mondo, con il ruolo di contesto e insieme di contraltare. Fra i due poli si interpone una
zona di materiaità greve, pesantemente avvolgente, a segnalare, talora anche con accentuata asprezza tonale,
l'ineludibile diaframma che li costringe, differenziandoli e quasi resecandoli. Veicolo di transazione
processuale, il dato simbolico interviene a segnalare l'intrascendibile immersione storico-culturale
dell'umano attraverso autentici galleggiamenti mnestici e ottici simulacri di una realtà comunque fluttuante:
ora logos filosofico ora borgo medioevale, prospetto architettonico (sacro o profano), palcoscenico, stemma.
"Forma" è l'uomo e le sue pur labili tracce, tutto il resto è risucchio, incombente caos. Paradigmatico in
tal senso il dipinto "Monade 1" che nel titolo ben rivela l'accentuazione riflessiva e intellettuale di
questa pittura. Figura-simbolo dell'enigma, l'eterno femminino che in questa tela si accampa, risalta per
una sorta di diafana luminosità: quasi corporeità allo stato puro da cui, per travagliata gestazione, si
sprigiona - è il caso di dire - l'imprigionante natura: dalla coltre nembiforme alla faticosa decantazione
formale in direzione del cosmo come universo della distinzione e dell'ordine esemplato nei cipressi e
nella città turrita, stagliata bozzettisticamente all'orizzonte. Il tutto come sospeso in un alone di
provvisorietà.
L'umano come involucro al femminile ritorna nelle diverse coniugazioni del soggetto monadico: varianti sul
tema, tutte giocate sulla forza irradiativa della figura, ora resa in inquietudine effusiva (Monade 2),
ora fissata nell'intrigo oculare (Monade 3), ora stilizzata e come in sé ripiegata (Monade 4).
Figure che in ogni caso paiono produrre effetti di straniamento piuttosto che di facile rassicurazione,
se di fronte ad esse avvertiamo come Edipo davanti alla Sfinge. Effetti di un linguaggio pittorico
pseudomimetico, in cui la figura non soggiace ai moduli costruttivi del naturalismo banalizzato, nemmeno
allorché appare in risoluzione quasi-fotografica (come in Monade 3).
L'esperienza "metafisica" (documentata anche in questa mostra) ha sedimentato in Castaldo il senso
percettivo della figura come immanenza del mistero, sua perturbante immagine. Dentro la realtà si agita
una surrealtà. Per coglierla occorre adeguare lo sguardo.
La struttua bidimensionale e tendenzialmente planare della composizione è in linea con quel sentimento
dell'essere già connotato come "fluttuante", tale cioè da sfuggire alla griglia prospettica e alla sua
pretesa di decodificazione esaustiva.
In una pittura volta non a rappresentare bensì ad esprimere una visione e un sentimento del mondo, il
colore gioca un ruolo di primo piano. La ricerca è verso una gamma cromatica idonea a rendere densità,
raccoglimento, pensiero, ma anche aleatorietà e inquietudine. La soluzione è trovata liberando il colore
dalla sua funzione descrittiva in direzione di un impasto evocativo (terra di Siena, bianco titanio, bianco
acrilico, bruno Wan Dik) mosso e non privo di effetti di contrasto.
(Prof. Arnaldo Di Tommaso, Storico, Filosofo e Critico d'Arte - Teramo).
Carmine Castaldo sofferma la sua attenzione pittorica sulla figura femminile ora rapita in un’atmosfera
metafisica, altra interessata ad armonioso concatenamento di percezioni secondo una logica che da Leibniz
va fino a Hussel. Non vi è dubbio che nelle sue monadi l’ego femminile interagisce trascendentemente con
gli elementi circostanti (libro, chiesa, fotografia, maschera,vaso etc.); ne derivano rapporti intersoggettivi
dei singoli ego, stabilendosi, in tal modo, correlazioni intermonadiche. L’immagine femminile nella sua
valenza pittorica, ora acrilica altra ad olio, scaturisce da un disegno scrupoloso caratterizzato da
composizioni ordinate, essenziali sul piano formale. Nell’apparente figurazione accademica ordinaria
Castaldo ha preso coscienza di una vena spirituale che fa della “donna” una sorta di archetipo del
modello originario. Mimesi e archetipo, dunque, concorrono alla formazione (neoplatonica) di un linguaggio
in sintonia con una società patriarcale.
(Prof. Emidio Di Carlo, Critico d’Arte, Scrittore, Curatore di eventi artistici internazionali - L’Aquila).
Carmine Castaldo, che seguo dalle prime apparizioni circa un quindicennio fa, ha lentamente, ma
costantemente, perfezionato il suo stile, con ricerca appassionata e citazioni a dir poco colte.
(Prof. Giovanni Corrieri, Storico e Critico d’Arte, Scrittore, Giornalista, già Preside dell’Istituto d’Arte
di Ascoli Piceno).
Carmine Castaldo: “Le Monadi”, “Luci Metafisiche”, “Atmosfere silenti” e “Novilara” rappresentano i suoi
quattro momenti affogati nel volto di donne pin-up anni novanta, immerse nel grigio trascendente da pittura
minoica e micenea, negli anfratti del mediterraneo quieto e scintillante.Un contrasto che aleggia nelle tele
di Castaldo coi motivi classicheggianti a far da sfondo, e simbologia discreta ed appartata, con la sua
“femme perdu”, bella e maledetta, ormai dissipata nel suo immaginario pittorico. Le paillettes di una donna
da copertina nei rotocalchi per sole donne, e la costumatezza delle linee rigide del mondo greco romano,
in un grigio saturante che sa solo di metafisico….e ancora perduto. “La donna come eterno femminino” pare
ammonire Castaldo che mi accompagna nel viaggio della memoria.
(Dr. Maurizio di Biagio, Giornalista - Critico)